venerdì, settembre 29, 2006

Il miracolo

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L’Eremita: Guardalo se puoi, guardalo attraverso i miei occhi. E’ bianco ed è così piccolo che posso coprirne il volto col palmo della mano. Si lamenta che pare un gattino e non c’è bisogno di capire in che lingua per vedere che è finito. Questo non passa la notte, non ce la fa. Allora parliamoci chiaro io e Te.
Non credo di doverTi più di una qualsiasi altra anima sulla terra: sudo, fatico, desidero e soffro non di più e non di meno. Come un qualsiasi verme godo puntualmente della Tua grazia quotidiana: sono consapevole che dietro ogni alba c’è la Tua mano e che chi non lo capisce può venirmi a dire di aver letto tutti i libri del mondo ma si dimostra ignorante lo stesso, perchè non sa leggere nella natura, dove tutto Ti chiama e in ogni cosa facilmente può riconoscersi la Tua firma.
Persino per come sono lo devo a Te: sei Tu che mi hai fatto solitario per carattere, che mi hai dato questo corpo gigantesco perché meglio potessi lavorare la terra e sostentarmi coi miei soli mezzi, ancora Tu che mi hai creato da due genitori determinati a farmi conoscere già da bambino la via spirituale e infine… sei Tu, sempre Tu, ad avermi allontanato dai miei per ficcarmi controvoglia a morire in questo paese dall’accento moscio. Per di più io Ti ho servito sempre, per bene e senza un lamento… e quando c’è stato bisogno di portare la Tua bandiera fra gli uomini senza macchiarla sono stato io quello che ha inveito contro i tuoi stessi autoproclamatisi “ministri”, così come contro ogni altro guerrafondaio abbia avuto a portata di mano: non ho guardato in faccia a nessuno, come una bombarda ho attraversato pericoli e difficoltà abbattendo qualunque ostacolo alla realizzazione di una comunità pacifica e serena, comunità che Tu mi hai affidato! Sempre, sempre sono stato Tuo: Ti sono appartenuto in ogni fibra, fino alla parte più minuscola di me mi son dedicato ad essere un Tuo strumento e adesso Tu sai, perfettamente, che siamo pari.
Da qualche parte, nel suo palazzo nerofumo lurido dei rimasugli di battute di caccia e fetido d’oro, il re sta morendo.
In ginocchio questo grandissimo complottatore, quest’anima stupida che si è accontentata sempre di desiderare ciò che non aveva, dimodiché ottenutolo non ha comunque riempito di nulla il vuoto che si portava nell’anima, ha mandato messi fino a Paola e per anni ha rimestato nelle corti napoletane e papali per avermi presso di lui, in questo paese freddo e piovoso, solo perché “lo guarissi”. Ma che cieco! Alla fine gliel’ho anche detto: “Tu mi hai costretto a raggiungerti fin qui, hai ottenuto anche questo ma alla fine sai? Nulla ti appartiene davvero, è tutto in prestito quello che chiami tuo e quando è venuto il momento di tirare i conti sei risultato un pessimo affidatario: hai solo debiti, troppi debiti… perciò non ti aspettare che ti venga concesso null’altro, anche se è l’unica cosa di cui davvero hai bisogno. Rassegnati invece, e cerca di capire cosa fare di te nel frattempo.” …Ma Tu pensi che mi abbia dato ascolto? Piuttosto che guardarsi in faccia ha preferito disobbligarsi con me (per cui sono un prigioniero chiamato “ospite”) ma nel frattempo ecco cosa fa quello stolto: manda i suoi dottori in giro a tirar via sangue fresco ai bambini e avidamente ne trangugia, la bestia, convinto così di suggerne la vita! Ecco in che modo si prepara a crepare! …Ed io mi trovo qui, in questa casa di morti di fame, a vegliare su questa creatura che sta sfiorendo per lui. Mi guarda terrorizzata, ha paura del mio tunicone nero e della barba lunga, magari pensa che la morte abbia il mio volto e che, come un mostro da fiaba, sia venuto a portarlo via.
Ora… tra noi… penso di poterlo dire, con i miei sessantotto anni suonati, che ho avuto una vita ben strana… già soltanto questo gregge di pecoroni meno lanuti del solito vede un loro simile che non ami la compagnia del gruppo che subito è pronto a classificarlo: o pazzo o sant’uomo; nel mio caso la seconda ma solo perché ero cresciuto in chiesa. E dunque: ti piace stare per i fatti tuoi? Benissimo: eremita. Ma solo perché non amo i chiacchiericci da villaggio? No! Anche perché faccio i miracoli! E che miracoli!
Un giorno viene da me un ragazzetto con una piaga sul braccio. “Aiutami, padre, aiutami!” Tié. Io gli schiaffo sopra un po’ d’arnica e quello guarisce. “Miracolo! Miracolo!” Maccome, è opera del Signore! Mica l’ho fatta io l’arnica, l’ha fatta lui: ha pensato alla varietà, ha modellato il seme, ha buttato giù un po’ di pioggia che lo nutrisse, ha pensato bene di circondarlo di terra per trattenervi l’acqua e infine me l’ha pure fatto crescere vicino all’orto, insomma… io che c’entro? Ma quello niente: “Miracolo! Miracolo!” E vabbè.
“Francesco, facci vedere come vivi! Tienici con te!” …Volete dare una mano? D’accordo! Facciamo una casa comune, scaviamo le fondamenta: un bel momento m’appoggio sfracco sul mio bastone e quello cede, crolla il terreno per mezzo metro e puffete! Sotto c’è acqua. Ottimo, ci serviva proprio un pozzo… macchè: “Miracolo! Miracolo!” Perché? Ce l’ho forse pianta io quella fonte lì, lacrima per lacrima? No! E allora? Allora niente: “Miracolo! Miracolo!”.
La barca sullo stretto… eravamo tre disgraziati con manco una lira e il barcaiolo ci dice “fregatevi”. Cosa fare? Prendo quattro assi fetenti sulla spiaggia, mi faccio il segno della croce per non colare a picco e sperando in mare buono uso il mantello per vela. Grazie a Te arriviamo sani e salvi non ostante sta pazzia e… indovina? “Miracolo! Miracolo!” …A un certo punto, visto che oramai avevo perso il controllo di questa faccenda e arrivava gente a frotte da ogni parte, ho incominciato ad approfittarmene: avevamo una trota cui qualcuno s’era affezionato, poi un giorno un poveraccio di frate la vede, la ruba e se la magna. Io me ne accorgo, gli faccio due urli in testa e po’ me faccio una risata, nel pomeriggio esco e me ne pesco un’altra. Cosa succede? “Incredibile! La trota è resuscitata! E’ identica!” Ma perché, capoccioni vuoti, non sono tutte uguali? Ah, no? Va bene, allora si: è un miracolo! E da adesso in poi tutti vegetariani, così per lo meno la prossima volta so che non siete stati voi! E quella volta da Ferrante? “Padre, padre, vogliate accettare una elemosina!” Tu? Tu vuoi dare una moneta d’oro a me, pezzente che affami il tuo popolo quando potresti renderlo libero? E poiché sono forte, con due dita zac! Gliela spezzo in due. Solo che mi scheggio e inizio a sanguinare. Quello zotico superstizioso s’impressiona e a me la cosa piace assai… sai che c’è di nuovo? È il sangue del tuo popolo questo, che sgorga dal denaro! E fatti un bell’esame di coscienza!
Ecco. Tutto qua quello che ho saputo combinare. A volte mi sento come se fossi invecchiato per nulla, così: a tradimento. Eppure ogni volta che parlo tutti ammutoliscono in sacro silenzio, non sapendo che mi sento un impostore. In ogni caso, qualcosa di buono ho fatto e Tu lo sai: non è mai stato facile ma a volte è stato divertente e poi c’eri sempre Tu che mi riempivi all’improvviso dei tuoi doni di gioia, nei momenti più impensati e per i motivi più futili, perché ami le sorprese ed hai un cuore bambino. Allora lo sai perché sono a questo capezzale, e non ostante sia abituato alla malattia ed alla morte io non mi voglia arrendere a cederTi ancora quest’anima, perché questo visino pallido è stato strappato al gioco da un vampiro superficiale e ignorante e non ostante Tu sia meraviglioso io credo che anche viverTi su questa terra non è meno bello, per cui non pregherò perché il più velocemente possibile, senza più soffrire, egli ti raggiunga. La gente spesso si rivolge a te dicendo “Dolce Gesù”… ma io lo so che sai essere anche duro e deciso, che non temi il dolore degli uomini perché possiedi la sofferenza come uno scettro senza mai abusarne, ma riconoscendo in essa il più grande strumento di sapienza… c’è una certa ineffabile grazia, allora, nella Tua fermezza. E anche quella diventa un dono. A volte insopportabile, come un amore la cui passione diventa intollerabile da sostenere, consuma. Sai essere burbero, Signore, e in questo un po’ ci assomigliamo. Perciò non starò ad esporti motivazioni che possono valere solo in questa terra: lungi da me convincerTi, visto che Tu sai quello cha fai. Solo Ti dico: c’è una madre qui di fronte a me che piange perché ha venduto il sangue di suo figlio… avrebbe dato il suo ma non lo volevano. Il padre è fuori, perché non può permettersi di farsi fermare dalla tragedia quando ci sono bocche da sfamare e ovunque sia ha il cuore nero. Poi ci sono io, il “sant’uomo”, distolto dalla mia solitudine e di corsa chiamato qui a tentare l’impossibile, ciò di cui non sono né sarò mai capace ma che tutti si aspettano, chissà perché, proprio da me. Il miracolo. A volte sai, Amico Mio, è più facile credere in Te se Ti si vede negli occhi di qualcuno… e in fondo perché no, visto che in realtà ami albergare nell’essenza di ogni cosa…
Allora adesso a noi, Vecchio Compagno. Perché è arrivato il momento di farmi un piacere. Non ho mezzi per pretenderlo da Te ma un po’ me lo aspetto: in fondo ci si conosce da una vita io e Te e mentre io sono un Francesco qualunque Tu, che cavolo, sei Dio! Perciò senti bene che farò: poggerò forte entrambe le mani sul viso del piccolo e chiuderò gli occhi. Per fare un po’ di scena partirò a recitare tutte quelle preghiere-standard con cui ci si rivolge a Te ma in realtà cercherò di radunare ogni mia forza, ogni parte di me …anche il fiato, io glielo donerò. Poi sta a Te. Se proprio non puoi salvarci entrambi dai a lui e togli a me e che cresca come un bue! (che almeno sia degno della mia stazza) …oppure lascia tutto come sta. Perché in fondo la fede è irragionevole e io so che non smetterei di credere che in ogni caso Tu sia stato giusto, forse perché dietro ogni mia amarezza si nasconde un inguaribile ottimismo. Come andrà? Come non andrà? …Che ne so… Sento addosso il brivido di chi si sta per buttare nel vuoto… E’ eccitante, è forte, è da morire di paura.
Va bene. Io vado.
Nota: Mi sono chiesta a lungo se seguire l'ordine numerico dei tarocchi oppure l'ordine cronologico di stesura dei brani e alla fine ho optato per quest'ultima scelta volendo procedere come se durante la lettura mi avviassi a scoprire gli arcani senza conoscerne dapprima la sequenza. Vedremo che ne esce fuori. In questo brano mi sono divertita a "demistificare" Francesco da Paola (una figura che curiosamente mi accompagna sin da piccola) evidenziandone la santità non nei miracoli ma nella sua umanità. A tal scopo ne ho attualizzato il linguaggio ed ho cercato di esprimermi in maniera molto libera, colloquiale, ma sopratutto semplice. Nell'impostazione certamente può leggersi un'influenza dello "Jeoshua" di Bulgakov e probabilmente dell' "Oscar" di Eric-Emmanuel Schmitt. Il vampirismo di Luigi XI è una leggenda che circola davvero, così come i "miracoli" raccontati sono alcuni tra quelli che di solito si attribuiscono al mistico. (A Ross che mi ha dato una bella mano con le fonti e da cui traggo sempre nuovi stimoli spirituali)

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